Destini incrociati (...in un vicolo...)
Testo di Arianna Mariani
Foto di Vito Corvasce
«Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, don Abbondio, curato d’una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero...» (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Capitolo I).
Nella presente fattispecie, la scena non si svolge all’ombra del famoso ramo del lago di Como, bensì nella piazzetta che fronteggia la Chiesa di S. Marco, a Fano. Ricostruita nel Settecento, la chiesa ha origini medievali: la notizia più antica è del 1134; successivamente, dal XIII secolo, fu data in commenda all’ordine Gerosolomitano. Molto probabilmente, a uno dei presbiteri che resse questa curazia e che passeggiò per i viottoli circostanti è ispirato il nome del locale che beneficia della sua vista: il Vicolo del Curato. Comproprietari due fratelli, Federico e Beatrice Delmonte, rispettivamente chef e responsabile di sala. Giovani, carini e... molto occupati a garantire un ottimo servizio.
Da poco aperto nei locali prima impegnati da altro gestore, questo nuovo ristorante guidato da un giovane chef - alla prima esperienza da ristoratore, ma con solido curriculum alle spalle - colma sicuramente un vuoto importante nella ristorazione fanese, ovvero quello di un ristorante che proponga una cucina creativa e di ricerca. Beatrice, forte della consolidata esperienza nel servizio in sala, sostiene e alimenta il sogno di Federico.
Stile shabby chic per la location: finto trasandato ma romantico e pratico. Le sue icone sono oggetti e mobili apparentemente consumati dal tempo: i candelabri e le statuette délabré sui tavoli recuperati, sapientemente mescolati a tovagliati impeccabili; mobili decapè in cui si lascia intravedere il colore del legno sotto le tinte della decorazione e poltroncine d’antan dalle linee classiche, ricoperte da tappezzerie monocrome con tessuti a grana grossa; specchi imprigionati in cornici scialbate; applique di aspetto vissuto alternate a lampadari chandelier con gocce e losanghe in vetro fumè color cipria o trasparenti. In perfetto stile shabby, un vecchio battente con uno specchio incassato, appoggiato su portacatino in ferro battuto. I colori predominanti: il legno è dipinto nelle nuance del bianco, avorio e grigio pallido; le tappezzerie si sbilanciano anche sulla palette dei marroni; a terra: un predefinito dall’aspetto legno fumé. Nella zona del camino è protagonista il cotto in mattoni levigati, circoscritto da cemento smaltato color tortora.
Minimale la mise en place.
Classe 1981, Federico Delmonte ha già un solido curriculum alle spalle: The Dorchester e Zafferano a Londra, per farsi le ossa con grandi brigate e cucine stellate; Il Pagliaccio a Roma per illuminarsi con la filosofia del gusto - discreta e raffinata - di Anthony Genovese; al Povero Diavolo di Torriana, a fianco di Pier Giorgio Parini, il re delle erbe con la Stella Michelin; e ancora: Enoteca Pinchiorri a Firenze, Magnolia a Cesenatico con Alberto Faccani e, per non farsi mancar proprio nulla, una divertente esperienza televisiva con Antonella Clerici a “La prova del cuoco”. La cucina che Federico propone al Vicolo del Curato è una sintesi di creatività ed equilibrio: una ricerca che parte dal gusto, che non prescinde dall’estetica e che, nella sua forma espressiva, non è mai urlata. Alla base, l’ineccepibile qualità degli ingredienti manipolati, a cui Federico apporta un plusvalore grazie alla padronanza di tecniche di lavorazione e cottura. Per sua definizione, ciò che egli produce è spesso umorale e governato da altalenanti stati d’animo o seduttive percezioni: «Qualche giorno fa, annusando una borsa di cuoio, mi sono emerse sensazioni che ho annotato su un quaderno e che mi torneranno utili nella stagione autunnale: ho fiutato il cuoio e mi ha evocato l’odore del fieno, delle affumicature e la visione di colori bruni...» Al Vicolo del Curato non mancano i piccoli dettagli dei locali di livello, dal pane fatto in casa (di lievito madre o carasau al nero di seppia) all’ amuse-bouche, dai menù degustazione di pesce e carne a una bella lista di dolci. Ottimo il caffè con marshmallow e gelatine di frutta fatte in casa. Geniale il pre-dessert con irresistibili consistenze. Ogni piatto viene presentato con molta cura e garbo dal personale di sala o direttamente dal giovane chef.